Pur mantenendo le stesse radici, e valori e concetti comuni, la Stimolazione Basale ha diversi ambiti di intervento: pedagogia, terapia e assistenza/cura. Non si considerano mutuamente esclusivi e il confine tra l’uno e l’altro non è mai netto.
La Basale Stimulation nella cura
E' considerata un vero e proprio modello concettuale per l’infermieristica¹ volto a supportare ed accompagnare nel proprio sviluppo le persone che presentano alterazioni nella percezione, nel movimento e nella comunicazione. Tra queste: persone in stato vegetativo o con stato di coscienza alterato, persone con esiti di ictus o altre gravi cerebrolesioni, persone intubate, persone con il morbo di Alzheimer, con stati di disorientamento, con problemi psichici, persone in fase terminale, neonati prematuri…
Trova quindi applicazione in ogni ambito dell’assistenza: dalla terapia intensiva –anche neonatale- alle cure palliative, dalla geriatria alla riabilitazione, dalla psichiatria all’assistenza domiciliare.
Parte dall’importante presupposto che ogni essere umano mantiene, a prescindere dalla gravità delle sue condizioni e limitazioni, bisogno e capacità di interazione, e perciò di sviluppo autonomo.
La Basale Stimulation trova espressione sia attraverso l’approccio di fondo che caratterizza l’assistenza (il cosiddetto “saper essere”), sia attraverso offerte mirate e legate a singole attività (ad esempio: “igiene che attiva”, “tocco iniziale/finale”).
Queste offerte non si intendono come singole azioni scollegate, o come tecniche. Sono invece orientate a fornire la possibilità a chi riceve la cura di perseguire i suoi bisogni prioritari.
L’operatore non offre al paziente le stimolazioni che ritiene più opportune dal suo punto di vista, bensì cerca di individuare quali, tra le „questioni centrali“ (Zentrale Lebensthemen) siano prioritarie per la persona che riceve la cura e, attraverso offerte mirate, la supporta e la accompagna nel suo sviluppo.
Fröhlich e Bienstein formularono nel 2000 le seguenti nove “questioni centrali (per approfondire vedi articolo correlato )²”, alle quali, nel 2008, ne è stata aggiunta una decima:
- preservare la vita e fare esperienza del proprio sviluppo,
- sentire e percepire la propria vita,
- sperimentare il senso di sicurezza e far crescere la fiducia,
- vivere l’autonomia e la responsabilità,
- sviluppare il proprio ritmo,
- dare forma alla propria vita,
- fare esperienza del mondo esterno,
- entrare in relazione e dare forma agli incontri,
- attribuire senso e significato,
- scoprire il mondo ed evolversi.
L’interazione avviene attraverso quello che Fröhlich definisce come dialogo somatico: la persona esprime con la sua corporeità i propri bisogni (attraverso ad es: il tono muscolare, la frequenza respiratoria e cardiaca, la sudorazione, la posizione). Chi assiste attende, osserva la reazione alla propria attività. Adatta e modula di conseguenza il procedere e utilizza anch’egli la propria corporeità come canale privilegiato di comunicazione (es: professionalità e qualità del tocco, sostegno mirato e competente del movimento, presenza, “sentire intelligente”). Per fare ciò è indispensabile una continua riflessione durante l’azione, così come a posteriori.
Le offerte, oltre che dell’osservazione e delle reazioni della persona, tengono conto anche della sua biografia e della sua normalità individuale.
La forza della Stimolazione Basale sta nel disporre di basi teoriche e filosofiche nonchè implicazioni etiche molto forti, e contemporaneamente di fornire agli operatori strumenti concreti per la pratica quotidiana, indicando una via percorribile per riempire l’avere cura di gesti di cura.
“Quando entro nella stanza del signor Mario, paziente in coma vigile, prima di procedere con l’aspirazione della canula tracheale prendo contatto con lui. Lo faccio appoggiando la mia mano sulla sua spalla destra con un tocco deciso, lo saluto e gli spiego cosa sto per fare (abbiamo deciso in team che il primo contatto avviene lì perchè è la parte che percepisce di più. Tutti gli operatori e i parenti sono informati e sopra il suo letto abbiamo anche messo un foglio). Aspetto che apra gli occhi e che giri la testa verso di me, anche se non mi fissa. Porto la sua mano destra prima sulla canula e poi la appoggio sul polso della mano con la quale tengo il catetere. Solo a questo punto lo aspiro. Prima di uscire mi congedo, con lo stesso gesto concordato di quando sono entrata. Quando sono nella stanza sono concentrata su quello che faccio, sono presente. Penso che il signor Mario in questo modo possa sentirsi rispettato e anche sicuro perché lo prendo in considerazione, e possa così acquistare fiducia nei miei confronti e anticipare cosa sta per accadere. Cerco di seguire il suo ritmo e di permettergli in qualche modo di essere attivo anche se sto facendo una cosa che può risultare sgradevole per lui, seppur indispensabile.”
“Sostengo il sig. J. nel girarsi sul fianco e abbasso il letto, così che i piedi possano toccare il pavimento appena raggiunta la posizione seduta. Il sig. J. si siede gestendo l’attività il più autonomamente possibile. Questo significa che è lui a determinare il tempo e la direzione. Io gli porgo la mano in modo da fargli provare direzioni diverse, molto lentamente. Così lui può sentire quale delle direzioni è la più adeguata a lui, quale direzione può o vuole utilizzare.
Il sig. J. reagisce con movimenti di masticazione quando il mio movimento è troppo veloce (o troppo invadente? O troppo direttivo?) e contemporanemanete ferma la mano o la chiude davanti al viso. In tutti i momenti in cui può/riesce/vuole agire, il suo corpo e il suo atteggiamento sono di nuovo “in apertura”.”
“Vorrei aiutare la sig.ra P. a lavarsi, facendo il più possibile attenzione ai suoi tempi (di reazione, di movimento). Saluto la sig.ra P. con il “primo contatto” precedentemente concordato e aspetto, perché inizialmente non reagisce. Dopo alcuni secondi, però, ruota la testa verso di me e io lo considero un segno di saluto.
Ho già preparato tutto il necessario per l’igiene vicino al letto, così da non dovermi allontanare durante l’interazione. Le chiedo se è d’accordo di incominciare a lavarsi. Esegue un leggero movimento della testa, che leggo come un “sì”. Prima di offrirle l’acqua la aiuto a sedersi bene nel letto, in modo che abbia maggiore possibilità di essere attiva. Per trasmettere l’informazione “è ora di lavarsi”, le faccio sentire il rumore dell’acqua nel catino e le mostro la manopola, che lei osserva attenta.
Le lascio il tempo di rielaborare queste informazioni e accompagno lentamente il suo braccio verso l’acqua. Sostengo il braccio a partire dalla scapola e fermandomi non appena avverto aumentare il tono o tirare indietro il braccio. Al primo contatto con l’acqua, la sig.ra P. porta lo sguardo al catino e io interpreto quetso come un segno per poter proseguire l’accompagnamento.”
¹ Weber Birgit.: Konzeptanalyse Basale Stimulation-2. Auflage.Bern: Verlag Hans Huber 2002
² Il Gruppo di Lavoro Italiano si sta occupando in questi mesi delle traduzioni. Questa versione non è quindi da considerarsi definitiva e non è stata ancora visionata dal Prof. Fröhlich e dall’Associazione internazionale di promozione della Stimolazione Basale.