Mara ha 41 anni, una figlia di 8. E’ una donna di quelle che si definiscono
dinamiche. Lavora come impiegata dal lunedì al venerdì e il fine settimana lo dedica alla sua passione: la montagna, riuscendo a conciliare tutto con il suo ruolo di madre.
La vita per lei è una sfida.
In modo banale cade, proprio in montagna. Trauma cranico grave, fratture varie alla parte sinistra del corpo, lesione completa del plesso brachiale sinistro.
Arriva da noi in riabilitazione un mese dopo la caduta. E’ in ancora in coma, anche se in remissione. Si evidenzia una emiparesi sinistra, ha tracheocannula, sondino naso-gastrico, valva gessata agli arti sinistri.
Dopo un paio di settimane è contattabile anche se molto affaticabile, comunica con il labiale, la mimica e i gesti. Alterna momenti in cui intersgisce con l’ambiente a momenti in cui è sonnolente. Incomincia ad “eseguire ordini semplici”, alcune attività. Si lava i denti, il viso con movimenti guidati. E’ ancora difficile valutare se abbia danni cognitivi e di che tipo. La sua situazione clinica è stabile.
Ho imparato a conoscerla bene. Sono andata in terapia intensiva a prendere contatto con lei e con il marito prima del ricovero, mi sono occupata del ricovero, l’ho seguita in modo continuativo in queste due settimane, costruendo con il marito e l’amica che era con lei al momento dell’incidente un rapporto di fiducia reciproca. Il marito e l’amica si sono dimostrati
subito favorevoli a contribuire a prendersi cura di Mara, lei ha reagito in modo positivo.
L’integrazione nell’assistenza è risultata natursle e spontanea.
E’ sabato pomeriggio. Il fine settimana non ci sono terapisti e nemmeno il medico.
Spesso diciamo tra di noi che “non succede niente”. Noi infermieri portiamo avanti gli obiettivi concordati fino a venerdì, o come accade spesso in realtà, quelli decisi il mercoledì durate la riunione di team.
Venerdì con la fisioterapista si era considerato che era arrivato il momento per cominciare a mobilizzare Mara, a farla andare in sedia posturale. Il medico era d’accordo. (All’interno del team abbiamo concordato che la prima volta lo fanno un fisioterapista ed un infermiere insieme, informato il medico che di solito assiste.) Quel venerdì però non era stato possibile per motivi organizzativi.
Mara fa capire che il letto le sta stretto. Si muove in modo agitato, sbatte il braccio destro sulla sponda e indica la carrozzina già presente in camera sua, suda. E vorrebbe bere.
Cerca di strapparsi il sondino nasogastrico.
Il marito viene a cercarmi per riferirmi questo. Gli spiego che non e possibile per me aiutarla ad andare sulla sedia, non è mai stato fatto prima e io non posso assumermi questa responsabilità durante il fine settimana. Questi sono gli accordi. Vado anche da Mara, le spiego le stesse cose, e che sarà con la logopedista che da lunedì incomincerà gli esercizi per lo svezzamento dalla tracheocannula e incominciare solo poi a provare a bere e mangiare.
Torno in infermeria con un senso di rabbia. Faccio fatica ad accettare l’idea che siano stati solo motivi organizzativi ad impedire di provare venerdì Mara potesse provare ad andare sulla sedia.
Dopo pochi minuti, forse un quarto d’ora, il marito torna. Non sa più come fare perché Mara è sempre più nervosa, si è impuntata. Il marito capisce la situazione, prova a ribadire che il sabato pomeriggio non è possibile, ma soprattutto vorrebbe aiutarla, ma non sa come e si sente impotente.
La mia rabbia aumenta, e aumenta la difficoltà nel dover sostenere una situazione che non condivido. Mara è giovane, con un potenziale riabilitativo grandissimo, un recupero molto veloce. Perchè deve “stare ferma” per due giorni? E capisco che le spiegazioni che fornisco a Mara, per quanto veritiere ed esaurienti, non soddisfano il suo bisogno di muoversi e di mettere qualcosa in bocca.
A questo punto il mio pensiero fa uno scalino. Cosa posso fare io come infermiera date le circostanze che non posso modificare? Su queste non ho nessun tipo di influenza, ma sulla mia attività sì.
Torno da Mara con il marito. Nel frattempo è arrivata anche l’amica che era presente al momento dell’incidente.
Penso ad un’alternativa che contemporaneamente non esponga M. a rischi e cerchi di andare incontro ai suoi bisogni, se lei, il marito e l’amica sono d’accordo. M. può sedere al bordo del letto sostenuta dal marito e sentire il gusto di alcuni frutti o bevande attraverso una garza.
Ho considerato che risponde bene il training cardio-circolatorio sul letto di statica e che se ci fossero problemi potrebbe tornare sdraiata in pochi secondi. La cannula è cuffiata e inoltre i giorni precedenti avevo notato che aveva deglutito spontaneamente durante l’igiene orale quindi è al riparo dal rischio di aspirazione. Mi assumo la responsabilità di questa decisione.
Spiego come concretamente come si svolgerà l’attività, chiarisco con il marito e l’amica quali saranno i loro compiti. Accettano di buon grado. Tra gli “assaggi” che propongo Mara sceglie banana, mela e caffè.
Mara non ha il controllo del tronco, ma grazie al sostegno del marito che è in ginocchio sul letto dietro di lei e i piedi ben appoggiati al pavimento riesce a sedere in modo stabile e senza problema alcuno.
Si guarda intorno e soprattutto per la prima volta fuori dalla finestra. La apro, entra il fresco del temporale appena passato. Annusa l’aria e cerca di raddrizzarsi aiutandosi con la mano destra e alzando la testa, che di solito e sempre flessa verso il tronco.
Porgo all’amica la garza con un piccolissimo pezzo di banana chiuso entro e le chiedo di farlo annusare ad Mara e dico a Mara che può assaggiarlo se vuole. Apre la bocca, prima lo succhia poi lo mastica. La banana non può uscire, ma il giusto sì. Lo stesso con la mela e il caffè.
Mentre mastica ha gli occhi spalancati, lo sguardo concentrato. Deglutisce ed esplora con la lingua anche la tasca della guancia sinistra.
Dopo una pausa nella stessa posizione l’amica la aiuta a lavarsi i denti.
Appena torna sdraiata non fa in tempo ad appoggiare la testa sul cuscino che chiude gli occhi e si addormenta.
Esco dalla stanza soddisfatta.
Sono contenta di aver potuto andare incontro ai bisogni di Mara, pur non potendo soddisfare le sue richieste. Il marito e l’amica hanno potuto sentirsi utili. Ma ha avuto stimoli positivi per quanto riguarda la propriocezione, il controllo della posizione, i sensi, la deglutizione.
E sono contenta di essere riuscita a non subire una situazione che vivevo
come negativa, ma a trasformarla.
Anna Chissalè